Due religiose, dell’Ordine di Santa Teresa, Evanette Onezaire e Jeanne Voltaire, sono state assassinate nel dipartimento del Centro. Vivre Ensemble, la coalizione che riunisce le principali gang del Paese ha lanciato una violenta offensiva in risposta al tentativo del Comitato di transizione di riprendere il controllo della nazione
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
“Siamo in guerra”. Le parole del presidente del Consiglio di transizione, Fritz Alphonse Jean, riportate dalla stampa haitiana lasciano pochi margini all’interpretazione su quanto sta accadendo nell’isola caraibica. La coalizione delle gang Vivre Ensemble ha attaccato lunedì il sobborgo di Mirebalais, a una sessantina di chilometri da Port-au Prince, e nonostante l’intervento delle forze di sicurezza mantiene ancora il controllo della cittadina.
Due suore assassinate
La popolazione in preda al panico continua a fuggire dalla città cercando rifugio nei villaggi vicini. L’ondata di violenza finora provocato la morte di 5 persone, tra le quali due suore dell’Ordine di Santa Teresa, la cui identità è stata confermata dall’arcivescovo metropolita di Port-au-Prince, Max Leroy Me’sidor che le ha identificate come Evanette Onezaire e Jeanne Voltaire. Omicidi brutali che richiamano alla memoria l’assassinio di suor Luisa Dell’Orto nel 2022 e il rapimento di altre 6 religiose, poi rilasciate, nel gennaio del 2024.
L’assalto a Mirebalais
La violenta offensiva lanciata dalle gang contro Mirebalais, cittadina di 200mila abitanti, non è la prima nel suo genere e viene considerata una ritorsione contro il tentativo del Consiglio di transizione di reprimere il fenomeno delle gang. I membri di Vivre Ensemble, come già accaduto in passato, hanno assaltato la prigione di Mirebalais liberando almeno cinquecento detenuti. Secondo il quotidiano locale Haitian Times nei combattimenti ingaggiati con i corpi della Polizia nazionale sarebbero rimasti uccisi almeno una trentina di banditi. Mirebalais è considerata un centro molto importante nell’isola perché sede dell’Ospedale Universitario, il più all’avanguardia del paese caraibico, capace di fornire assistenza sanitaria a migliaia di persone ogni giorno. La cittadina ricopre anche una rilevanza strategica in quanto si trova all’incrocio delle due principali arterie stradali di Haiti: quella che dalla capitale porta verso la costa settentrionale e l’altra verso la Repubblica Dominicana.
L’appello dell’Onu
Le violenze che continuano ad insanguinare Haiti hanno suscitato la reazione anche del segretario generale delle Nazioni Unite che ha esortato le autorità a moltiplicare gli sforzi, con il sostegno della comunità internazionale, per ripristinare la sicurezza, proteggere i civili e creare le condizioni necessarie per ripristinare la democrazia. Ma le informazioni riportate dal responsabile Onu per i diritti umani ad Haiti, William O’Neill, non sembrano lasciare molte speranze in questo senso: “Al momento non esistono vie sicure di ingresso o uscita dalla capitale se non in elicottero. Le gang hanno preso il controllo di interi quartieri uccidendo, violentando e bruciando case, scuole e chiese”.
Manifestazioni nella capitale
Una situazione completamente fuori controllo, che mercoledì ha spinto migliaia di persone a protestare nelle strade di Port-au-Prince per chiedere le dimissioni della coalizione di governo guidata da Alix Didier Fils-Aimé e accusata di non essere in grado di mettere in sicurezza il paese. La dura reazione della polizia contro i manifestanti ha provocato nuove violenze e attacchi armati contro la sede del primo ministro e del Consiglio di transizione. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite tra luglio dell’anno scorso e febbraio 2025 ad Haiti sono state assassinate più di 4.200 persone, mentre altre seimila sono state costrette a fuggire abbandonando le proprie case.