Sono stati coperti i mosaici di Rupnik applicati sulle porte di ingresso della Basilica di Nostra Signora del Rosario, a Lourdes. Il 31 marzo, prima dell’inizio delll’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale francese (1-4 aprile) che si tiene presso il Santuario mariano, il vescovo di Tarbes e di Lourdes, monsignor Jean-Marc Micas, ha fatto pubblicare sul sito della diocesi una nota, con tanto di immagini (nella foto di copertina), per spiegare che gli è «sembrato, insieme con i miei collaboratori, che fosse necessario compiere un nuovo passo simbolico affinché l’ingresso nella basilica fosse facilitato per tutte le persone che oggi non possono varcarne la soglia. Per questo motivo, tutte le porte della basilica del Rosario sono state modificate». E così i mosaici dell’ex gesuita sloveno Marko Rupnik, accusato di abusi sessuali e piscologici su almeno una ventina di suore, sono adesso nascosti da pannelli di alluminio. Il vescovo non ha nascosto il desiderio di rimuoverli. «È l’anno giubilare», si legge nella nota, «a Roma sono state aperte le Porte Sante nelle quattro basiliche maggiori. Ho emesso un decreto per dichiarare che il santuario di Lourdes è uno dei due luoghi della diocesi (insieme con la cattedrale di Tarbes) in cui vivere l’anno giubilare e ricevere l’indulgenza plenaria. Il passaggio attraverso le porte d’ingresso della basilica doveva essere all’altezza simbolica di questo momento». La decisione è il secondo passo dopo quello compiuto a luglio quando il vescovo ha deciso di non illuminare più i mosaici durante la notte. Nei prossimi giorni saranno coperte anche le due grandi porte centrali così da permettere a tutti, vittime comprese, di poter andare al Santuario senza ulteriori traumi.
Alcune delle vittime, attraverso il loro avvocato, Laura Sgrò, hanno fatto sapere di aver accolto , «con la gioia nel cuore, le parole illuminate di Jean Marc Micas, vescovo di Tarbes e Lourdes, da sempre vicino alle vittime di abusi, cui va il nostro sentito ringraziamento. Sappiamo bene che la sua decisione di coprire le porte della Basilica di Lourdes, dove sono presenti i mosaici di Marko Ivan Rupnik, è stata lungamente ragionata, attentamente ricercata e fortemente osteggiata». E, sul valore artistico delle opere aggiungono, «la questione non è quella di scindere l’artista dall’opera, come finora si è voluto erroneamente fare intendere, ma quella se è possibile scindere l’arte, cioè i mosaici, dall’abuso stesso e questo non è in alcun modo possibile, perché proprio durante la realizzazione delle opere e con riferimento alle stesse opere esposte nei luoghi di culto più importanti al mondo, Rupnik ha abusato di alcune delle vittime. Ogni fedele, e non solo ogni vittima di abuso deve avere il cuore libero nel momento in cui si accosta alla preghiera e ciò non può avvenire se deve inginocchiarsi davanti a un’opera che probabilmente è stata il luogo dove si è consumato un abuso».
I fatti sono noti. L’ex gesuita è stato accusato da diverse religiose di aver abusato di loro psicologicamente e sessualmente usando la sua influenza spirituale e giustificando teologicamente gli abusi. La vicenda è emersa nel 2021 anche se le condotte sono risalenti a molti anni prima. Alcune religiose hanno dichiarato di aver denunciato ai superiori gli abusi fin dal 1993, ma di non essere state ascoltate. L’anno prima, nel 2020, il Dicastero per la Dottrina della fede, aveva comminato la scomunica per aver il gesuita confessato, assolto e vincolata al silenzio una suora da lui stesso abusata, ma poi, pochi mesi dopo, nello stesso anno, aveva ritirato il provvedimento perché l’allora gesuita si sarebbe pentito. In seguito, nel 2023, una indagine della diocesi di Roma, allora guidata dal cardinale Angelo De Donatis, aveva concluso che, nella procedura arrivata alla Dottrina della fede c’erano state «procedure gravemente anomale» e lodava la spiritualità «sana» del Centro Aletti, fondato dallo stesso Rupnik.
Ma, sebbene i reati siano prescritti secondo la legge civile e quella canonica, papa Francesco ha deciso di superare la prescrizione chiedendo alla Dottrina della fede di aprire un processo a carico del teologo. Nel 2023 i gesuiti lo hanno espulso dalla Compagnia con un decreto datato 14 giugno e firmato dal superiore generale, padre Arturo Sosa Abascal, a causa del suo «rifiuto ostinato di pentirsi, di chiedere perdono e di cominciare un percorso di purificazione e di terapia. A seguito del suo pervicace rifiuto a sottomettersi a questa possibilità, il Padre Generale ha preso la decisione di dimetterlo», si leggeva nella nota diffusa dai gesuiti.
Lo scorso 28 marzo, inoltre, i gesuiti hanno deciso di scrivere alle vittime per cominciare un percorso di ascolto e riparazione. Il delegato del Generale, padre Johan Verschueren, ha espresso alle vittime la consapevolezza che «alle violenze subite allora, si è aggiunta la sofferenza per la mancanza di ascolto e di giustizia per lunghi anni» e un «sentimento di sorpresa, di dolore e di amarezza nell’assumerci non solo il peso e la fatica della violenza dei comportamenti di un ex-confratello, ma anche della cecità, dei silenzi, dei rifiuti ad ascoltare o ad agire da parte di altri confratelli». Le vittime hanno espresso gratitudine per la lettera con la quale «padre Johan Verschueren e la Compagnia di Gesù con grande coraggio e umiltà, riconoscendo gli errori sin qui commessi, hanno finalmente accolto e abbracciato le vittime di Marko Rupnik, offrendo loro il sostegno che finora era mancato. Si tratta di un gesto chiaro, forte e concreto; un importante passo avanti in un percorso comune di consapevolezza che darà certamente speranza a tutte le vittime di abusi».
Il prefetto del Dicastero della Dottrina della fede, il cardinale Victor Manuel Fernandez, ha reso noto, intanto, che si è conclusa la fase istruttoria e che per il processo a carico dell’ex gesuita, che è tuttora sacerdote, si stanno «cercando i giudici che devono avere certe caratteristiche essendo un caso così mediatico». I giudici, ha precisato il cardinale, saranno «esterni al Dicastero».