Il capo della giunta militare Min Aung Hlaing parla alla nazione e dichiara che il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi ulteriormente. Oltre 4.500i feriti, mentre i dispersi sono 441. Corsa contro il tempo per gli aiuti umanitari e l’Onu lancia un appello a sospendere i combattimenti
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Il più grande terremoto che sia mai avvenuto in oltre un secolo in Myanmar: così le Nazioni Unite hanno definito il doppio sisma rispettivamente di magnitudo 7.7 e 6.4 con epicentro nelle cittadine di Mandalay e Sagaing che ha colpito il Paese il 28 marzo scorso. A quattro giorni dal disastro, si scava ancora e spesso a mani nude. Nella giornata di ieri ben quattro persone tra cui una donna incinta e un bambino, sono stati estratti vivi dalle macerie di un edificio. Con il passare del tepo tuttavia si affievoliscono le speranze di trovare persone ancora in vita.
Proclamato il lutto nazionale
La giunta militare al potere in Myanmar ha proclamato una settimana di lutto nazionale con bandiere che sventoleranno a mezz’asta fino al 6 aprile “in solidarietà per la perdita di vite umane e i danni”, si legge in un comunicato, mentre oggi alle 12.51 locali – l’ora esatta in cui si è verificato il sisma – si osserverà un minuto di silenzio. Non si svolgeranno, invece, le celebrazioni per il Capodanno, previste per la metà di aprile.
Appello dell’Onu: stop al conflitto sì agli aiuti
Visti gli attacchi contro i ribelli che sono stati condotti anche dopo la devastazione portata dal sisma, le Nazioni Unite – attraverso l’inviata speciale Onu per il Myanmar, Julie Bishop – hanno lanciato un appello alle parti coinvolte nel conflitto che da anni affligge il Paese, affinché venga garantito l’accesso degli aiuti umanitari alla popolazione e consentito agli operatori di lavorare in sicurezza. Sempre l’Onu, nell’esprimere il proprio dolore per l’immane tragedia, afferma che allo stato attuale la portata complessiva del disastro rimane “poco chiara”. Intanto, a causa delle continue scosse, molte persone dormono per strada per la paura o per la reale impossibilità di rientrare nelle proprie case, in un Paese in cui, secondo le organizzazioni internazionali che vi operano, già prima del terremoto vi erano almeno 20 milioni di persone bisognose di assistenza.
La situazione in Thailandia
Si aggrava anche il bilancio delle vittime in Thailandia nel crollo di un grattacielo in costruzione a Bangkok, che raggiunge 19 morti, mentre si teme per le sorti un’ottantina di operai edili intrappolati tra le macerie della torre distrutta. Sull’episodio del grattacielo di 30 piani, che avrebbe dovuto ospitare uffici governativi, l’Esecutivo thailandese ha aperto un’inchiesta per capire come sia stato possibile che un edificio in costruzione si sia sbriciolato durante il terremoto di venerdì scorso che ha avuto epicentro in Myanmar: diverse le ipotesi al vaglio. Nel resto della capitale, i danni sono stati limitati.