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«Erdogan dimettiti»: l’opposizione riformista risponde all’arresto di Imamoglu con una piazza immensa

«Erdogan istifa», Erdogan dimettiti. Lo hanno urlato a squarciagola i 2,2 milioni di persone che, secondo gli organizzatori, si sono radunati a Maltepe, un quartiere nella parte asiatica di Istanbul, già in passato teatro di adunate oceaniche dell’opposizione. Sono passati 10 giorni dal fermo dell’ex sindaco Imamoglu. Alla maxi manifestazione hanno aderito sei partiti, fra cui quello curdo e sebbene solo quest’ultimo e il Chp, il Partito repubblicano del popolo, siano presenti in forze in parlamento, il risultato è stato una piazza variegata inclusiva e probabilmente realmente riformista, come la Turchia non ne vedeva da tempo.

Ma persino il calendario rema contro chi vorrebbe un futuro senza Recep Tayyip Erdogan. Oggi iniziano i nove giorni di festa previsti dopo la fine del Ramadan, il mese sacro del digiuno musulmano. La megalopoli sul Bosforo si è svuotata e il presidente si augura che questo intervallo smorzi la rabbia di chi negli ultimi 10 giorni è sceso in piazza a protestare.

Ma la piazza di Maltepe è determinata ad andare fino in fondo. E, a differenza della protesta di Gezi Parki, nel 2013, questa volta ha riferimenti politici su cui fare affidamento. Özgur Özel, che ha preso in mano il partito repubblicano, principale formazione dell’opposizione, nel 2023, ha cercato di svecchiarlo nella forma e nella sostanza. Candidati più giovani, la volontà di attrarre un elettorato più ampio rispetto al passato, un accento sulla laicità del Paese, ma soprattutto sulla necessità di tornare alla democrazia. C’è poca Europa, ma la distanza fra la Mezzaluna e Bruxelles ormai è siderale e per iniziare a colmarla, ammesso che sia possibile farlo totalmente, prima c’è bisogno di una Turchia definitivamente tornata sui binari dello Stato di diritto.

Sul palco è salita per prima la famiglia di Imamoglu, con la moglie Dilek che ormai è diventata un vero e proprio simbolo della protesta e che ha dimostrato di avere un carisma pari a quello del marito, seguita subito dopo dal sindaco di Ankara, Mansur Yavas. Non si tratta di una scelta fatta a caso. Anche il governo della capitale, sempre a guida Chp, è sotto inchiesta da parte della magistratura per presunti illeciti. Il timore è che proprio Yavas, politico di lungo corso e noto per il suo temperamento combattivo, possa essere la prossima vittima del presidente. In realtà, dal palco, ha parlato lo stesso Imamoglu, grazie a un video realizzato con l’intelligenza artificiale e che ha letteralmente galvanizzato i partecipanti.

La piazza di Maltepe parla di una Turchia trasversale e la presenza del partito DEM, la formazione filo curda, è un particolare di importanza non trascurabile. Proprio nelle scorse settimane, il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ha annunciato di aver abbandonato la lotta armata in seguito all’appello di Abdullah Öcalan, fondatore del gruppo separatista, considerato terrorista da Turchia, Stati Uniti ed Unione Europea. ‘Apo’, come lo chiamano i curdi, si trova in carcere sull’isola di Imrali dal 1999, ma viene ancora ritenuto il leader spirituale per tutta la minoranza curda. Da tempo si vocifera che il presidente Erdogan e l’ex terrorista abbiano raggiunto un accordo che prevede riconoscimenti costituzionali per i curdi in cambio del loro voto alle riforme, che permetterebbero a Erdogan di ricandidarsi nel 2028. Il fatto che il partito curdo fosse in piazza rappresenta un fatto importante, che suggerisce di monitorare il suo rapporto con la presidenza nelle prossime settimane.

Erdogan spera nel fattore festa. Intanto può continuare a contare sull’appoggio del presidente russo, Vladimir Putin, e soprattutto di quello americano, Donald Trump, per il quale ‘il sultano’ è troppo utile perché possa cadere proprio adesso.





Dal sito Famiglia Cristiana

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