Israele ha lanciato un nuovo ordine di evacuazione a Gaza City e in altre aree della Striscia dove – ha fatto sapere il ministro della Difesa Katz – agirà “con la massima forza”. Sembrano cadute nel nulla tutte le proposte dell’Egitto, Paese mediatore, per raggiungere una nuova tregua dopo la rottura della precedente il 18 marzo scorso
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Israele intensifica la pressione militare sulla Striscia di Gaza dopo la ripresa delle ostilità il 18 marzo scorso: sono già 430 i raid effettuati da Israele in poco più di una settimana dopo la fine di una tregua durata due mesi; il Paese precisa poi che sono stati condotti attacchi anche contro 10 obiettivi in Siria e 40 in Libano ritenuti appartenenti al movimento sciita Hezbollah.
Nuovo ordine di evacuazione a Gaza City
Un nuovo ordine di evacuazione ha coinvolto la popolazione di Gaza City dove è stato poi effettuato un raid missilistico. Da quest’area, infatti, sarebbe partito il razzo a lungo raggio intercettato vicino Beersheba, attacco rivendicato dalla jihad islamica. Il ministro della Difesa israeliano Katz ha avvertito i palestinesi che presto le forze di difesa colpiranno in altre aree della Striscia: “Presto l’Idf opererà con forza in altre aree di Gaza, sarete costretti a evacuare e perderete ancora più territorio”, ha detto in riferimento alla zona cuscinetto in espansione lungo il confine.
Le speranze di una nuova tregua
Mentre il ministro Katz invita i palestinesi della Striscia a scendere in strada e protestare contro Hamas come accaduto nei giorni scorsi a Beit Lahia e a Jabalia, dove è stato ucciso un portavoce del gruppo islamista, il ministro degli Esteri israeliano Sa’ar ha affermato che Israele non esclude la possibilità di una tregua, ma avverte che “il tempo a disposizione per negoziare è limitato”. “Hamas che insiste nel continuare a tenere gli ostaggi e si rifiuta di smilitarizzare la Striscia di Gaza sta spingendo per la ripresa della guerra”, ha dichiarato. Intanto, secondo fonti arabe, tutte le proposte di cessate il fuoco avanzate dall’Egitto non avrebbero raggiunto il consenso necessario dalle parti per essere discusse.