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Non solo Acutis, viaggio nel mercato online delle reliquie, dal vestito di Santa Teresa alle spine della corona di Cristo

Sul portale Subito.it si trova a 160 euro una reliquia del vestito che Santa Teresina del Bambino Gesù indossava quando morì, nel 1897. Per assicurarsi invece il «cuscinetto che è stato a contatto col corpo della santa», così spiega l’annuncio, bisogna sborsarne 3mila ma, è specificato, c’è tanto di «certificazione» a garanzia dell’autenticità. La reliquia si trova a Bojano (Campobasso). È possibile anche pagare in tre «comode» rate.

Da Cuneo, alla cifra di 250 euro, si può acquistare un «antico reliquiario multiplo entro contenitore argentato con al centro la reliquia di San Magno (non si dice il nome, ndr) contornato da quelle di San Giustino, San Pacifico, San Filoteo, San Clemente». Condizioni? «Ottime», assicura l’annuncio. Molto più a buon mercato i santini. Per un «lotto di 37 Santini religiosi» si spendono, in totale, 28 euro.

Anche sul sito Ebay non si scherza. Qui, anzi, gli annunci sono ancora più numerosi anche se gli oggetti sono più o meno sempre gli stessi: reliquie delle ossa, frammenti di abiti, cuscini dove il santo o la santa sarebbero morti, ciocche di capelli, teche e reliquiari in argento.

Un frammento delle ossa di Santa Teresa d’Avila costa 99 euro. Un utente che ha l’account “svuotiamolacantina” vende a 200 euro un «antico Reliquiario della Spina con sigillo ceralacca XIX secolo». Di quale spina si tratti non si sa perché nella foto che mostra il reliquiario vengono menzionati vari santi. Un’altra spina, probabilmente della corona di Gesù, viene messa in vendita a 99 euro.

Per 160 euro si può acquistare la reliquia di San Nicola di Bari o Sant’Agostino o San Filippo Neri o Santa Monica (la madre di Agostino) o San Giovanni Battista Scalabrini, ognuna, specifica l’annuncio, con «dichiarazione d’autenticità» che non chi sa da chi è emessa.

La reliquia del lenzuolo sul quale sarebbe spirato San Giuseppe Cafasso quota 10 euro.

Per 15 reliquie della colonna della flagellazione di Gesù più alcuni frammenti delle ossa degli apostoli (non si dice quali) si devono sborsare 800 euro, pagabili, specifica l’annuncio, in «tre rate da 266,67 euro a interessi zero».

La reliquia di una «RARA» (scritto in stampatello maiuscolo, ndr) reliquia della «fune di San Francesco d’Assisi» costa 120 euro. Moltissime, con prezzi che oscillano dai 50 ai 200 euro, le reliquie degli indumenti di San Pio da Pietrelcina mentre, sempre dello stesso santo, per una «reliquia I^ II^ Classe», qualunque cosa questo voglia dire, con «dichiarazione autenticità» inclusa, il prezzo sale a 4.900 euro. Cosa siano esattamente queste reliquie del Frate con le stimmate non si sa perché nella foto che accompagna l’annuncio si vedono monete, una corona del Rosario e un paio di foto in bianco e nero.

1.700 euro, invece, è il prezzo di una «reliquia importante (sic) di Sant’Atanasio del IV secolo». Leggermente più economica (1.500 euro) la «bottiglia antica di San Nicola con la manna». Per 1.200 euro si può acquistare un reliquario con 20 reliquie, tra cui quella del «Velo della Vergine Maria, di Sant’Anna, San Carlo, etc». Scritto proprio così. L’elenco potrebbe continuare a lungo.

Un vero e proprio business, che peraltro esiste da secoli, che è tornato a fare notizia dopo che sul web, nei giorni scorsi, è stata messa all’asta una reliquia dei capelli del beato Carlo Acutis, morto a 15 anni nel 2006 per una leucemia fulminante, che sarà canonizzato il 27 aprile prossimo in occasione del Giubileo degli adolescenti.

La questione è diventata un caso religioso e giudiziario. Non si sa se la reliquia sia autentica o, molto più probabilmente, falsa. Nel primo caso, metterla in vendita sarebbe un atto sacrilego; nel secondo, si configura come una truffa, oltre che un’offesa al sentimento religioso.

Su Ebay, peraltro, un venditore, americano, mette in vendita alcune reliquie proprio di Acutis: un frammento del vestito (73 euro), la ciocca di capelli (135 euro), un pezzo di carta (non si specifica di che cosa) «posseduto e utilizzato dal Santo» (73 euro) mentre un rivenditore dalla Germania offre, al prezzo di 101 euro, una reliquia dei capelli e una del sangue con tanto di foto di Acutis e l’indicazione “asta online di tendenza”. Significa che la reliquia in questione è oggetto di un grande interesse e molti utenti se la contendono per accaparrarsela. Proprio com’è accaduto con il caso denunciato dal vescovo di Assisi, monsignor Domenico Sorrentino, “competente” su Acutis dato che il corpo del giovane è custodito nel Santuario della spogliazione della città umbra.

L’esposto del vescovo è stato trasmesso alla Procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone che ha subito avviato gli accertamenti. Il caso denunciato da Sorrentino riguardava una reliquia dei capelli di Acutis per la quale è partita un’asta online con il prezzo che avrebbe superato i 2 mila euro. Reliquia, sostiene l’anonimo venditore coperto da nickname, che sarebbe stata autenticata dalla postulazione. L’asta si sarebbe chiusa e la reliquia aggiudicata da una persona ignota.

«Ne abbiamo chiesto il sequestro», ha spiegato monsignor Sorrentino ai media, «non sappiamo se le reliquie siano vere o false ma se fosse anche tutto inventato, se ci fosse l’inganno, saremmo in presenza, oltre che di una truffa, anche di una ingiuria al sentimento religioso». Sorrentino ha sottolineato che su internet, come abbiamo potuto verificare spulciando diversi annunci, «c’è un mercatino di reliquie che riguarda vari santi, come il nostro Francesco, con tanto di prezziario. Una cosa impossibile da accettare». Il presule ha spiegato che il «Diritto canonico non ammette questo commercio. Le reliquie vengono infatti date attraverso i vescovi gratuitamente. Al massimo si fanno offerte al santuario dal quale provengono. È una prassi che risale ai primi secoli della nostra storia». Dell’asta che sta riguardando Acutis, il vescovo ha parlato di «grande offesa al sentimento religioso. A cosa può portare l’idolo denaro, ho timore che ci sia lo zampino di Satana».

Il traffico e commercio di reliquie è questione antichissima nella storia del cristianesimo.

Giovanni Boccaccio ne scrive, in maniera ironica, in una novella del Decameron presentando il personaggio di frate Cipolla che ad un certo punto dichiara agli ingenui fedeli che mostrerà loro un’importantissima reliquia, ossia una piuma delle ali dell’arcangelo Gabriele, caduta al momento dell’Annunciazione alla Vergine Maria: «Vi mostrerò una santissima e bella reliquia […] una delle penne dell’agnol Gabriello, la quale nella camera della Vergine Maria rimase quando egli la venne a annunziare in Nazarette».

Nel 1695 Ludovico Antonio Muratori viene ordinato sacerdote e diviene anche prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Scrive numerose opere tra cui le Dissertazioni sopra le antichità italiane (1753), ben presto tradotte dal latino in italiano. La cinquantottesima di queste Dissertazioni è dedicata alla “venerazione dei cristiani verso i santi dopo la declinazione del Romano Imperio”. Lo storico e sacerdote modenese si sofferma sul culto dei santi che non «ripugna a quel sommo culto ed onore che dobbiamo al supremo nostro Padrone Iddio». Muratori, poi, commenta il malcostume, praticato durante il Medioevo, ma non certo conclusosi allora, nel Settecento, del traffico delle reliquie dei santi dato che, scriveva, ci sono molte città e monasteri a cui «mancava quello che, in essi tempi, si credeva l’ornamento più prezioso de’ luoghi e svegliava tutto dì l’invidia in chi ne era privo». Ossia, il corpo o qualche reliquia appartenuta a un santo.

Se la semplice richiesta di una reliquia non sortiva alcun effetto, e questa era la prassi, dato che possedere il corpo di un santo equivaleva ad avere un vero e proprio tesoro, allora «s’introdusse il costume», scrive Muratori, «di procurarsele con frodi, furto, danari e fin colla violenza e con altre arti». E la cosa di cui l’intellettuale si stupisce è che «tutto pareva a quella gente ben fatto ed approvato da Dio, purché sortissero il loro intento».

Muratori la definisce una «sregolata cupidigia» che nel corso dei secoli divenne però «una pia frenesia». Sono passati tanti secoli e non è cambiato niente. Anzi, il web ha reso ancora più agevole (e caotico) questo business blasfemo.





Dal sito Famiglia Cristiana

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