Nevianonline.it
Sito ufficiale della Parrocchia Matrice San Michele Arcangelo. Neviano Lecce.

Ginnastica ritmica, caso “farfalle”. Perché si riaprono i processi penale e sportivo

Il «caso ginnastica ritmica», che ha messo in discussione i metodi di allenamento del centro tecnico federale di Desio in cui si allenano le «farfalle», ossia le ragazze della Nazionale di ginnastica ritmica bronzo a Parigi 2024, è ben lontano dall’essere concluso nelle aule giudiziarie penali e sportive.

 


Il Gip dà torto al Pm, imputazione coatta per Maccarani

La richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica di Monza non ha trovato l’assenso del Giudice delle indagini preliminari che ha disposto invece con ordinanza datata 10 marzo 2025, l’imputazione coatta a carico di di Emanuela Maccarani, mentre la sua collaboratrice Olga Tishina esce prosciolta perché per lei il caso è archiviato.

In 36 pagine di motivazione dettagliata e chiara la Gip spiega che secondo la sua valutazione il reato di maltrattamenti di familiari, conviventi o sottoposti alla custodia per ragioni di educazione: «Trova, infatti, pacificamente applicazione in tutti i contesti in cui il soggetto passivo del reato», in questo caso le giovani ragazze, alcune minorenni all’epoca dei fatti o al momento dell’affidamento, affidate al centro tecnico federale per allenarsi con la Nazionale, «sia sottoposto all’autorità del soggetto attivo (l’allenatrice e direttrice tecnica ndr.) o a questi affidato “per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia”». E i maltrattementi sono «un reato di mera condotta, per la cui realizzazione è sufficiente che il comportamento dell’agente sia idoneo sotto il profilo oggettivo a determinare nella vittima una condizione di sofferenza psico-fisica non semplicemente transitoria, indipendentemente dalla sua effettiva realizzazione e manifestazione». 

In altri termini non è necessario dimostrare che il danno si sia effettivamente verificato, ma è sufficiente provare che il comportamento tenuto sia idoneo a provocarlo. Ragionando altrimenti: «si finirebbe, infatti, per attribuire o meno rilevanza penale a condotte oggettivamente identiche in ragione della diversa sensibilità della vittima o del suo grado di resistenza psichica individuale (a sua volta legato ad una serie di variabili non predeterminabili ed eterogenee, non solo fisiche e psicologiche ma anche di tipo sociale e culturale)».

Azioni e omissioni: le famiglie lontane e l’obbligo di protezione

  

«Gli elementi di prova acquisiti nel corso delle indagini – e in particolare, le dichiarazioni delle persone offese, riscontrate da quelle di numerose altre atlete, gli esiti dell’attività di captazione e, soprattutto, l’analisi dei contenuti estrapolati dai dispositivi elettronici in sequestro – hanno disvelato», scrive la giudice, «una pluralità di condotte maltrattanti di natura attiva poste in essere dall’allenatrice ai danni di tutta la squadra (urla incontrollate, insulti, e talvolta manifestazioni più eclatanti quali lanciare oggetti o rovesciare tavoli e sedie) e così pure delle singole atlete di volta in volta prese di mira (battute di scherno, insulti, in un caso il lancio di un guinzaglio e in più di un’occasione l’imposizione di effettuare gli allenamenti e/o particolari esercizi nonostante le condizioni di salute della ginnasta non lo consentissero). Hanno, altresì, fatto emergere condotte omissive di portata lesiva non certo inferiore, quali l’omessa predisposizione di un supporto nutrizionale e psicologico, a dispetto delle richieste in tal senso avanzate da alcune ginnaste, e l’omesso controllo a fronte di situazioni di rischio già verificatesi in passato (quali l’assunzione di lassativi in dosi massicce o l’induzione del vomito per scongiurare gli aumenti di peso)».

Ci sarebbe stato infatti secondo la giudice: un «obbligo di protezione ravvisabile in capo all’allenatrice in forza dei vincoli contrattuali discendenti dall’iscrizione delle atlete alla F.G.I., nonché della “responsabilità da contatto sociale qualificato” derivante dall’affidamento delle ginnaste – inizialmente minorenni – all’Accademia di Desio, di cui la stessa era direttrice tecnica. Le caratteristiche del rapporto rendevano, infatti, impossibile l’esercizio di un effettivo controllo da parte degli esercenti la responsabilità genitoriale, atteso che le atlete vivevano lontane dalle famiglie, non frequentavano istituti scolastici e trascorrevano la gran parte delle loro giornate in palestra. Ciò accresceva l’ampiezza dell’obbligo di protezione gravante sui soggetti cui le stesse erano affidate, rendendo necessaria una supervisione a trecentosessanta gradi sul loro benessere psico-fisico».

Mentre la giudice non riconosce rilievo penale  al controllo del peso di per sé anche se frequente o quotidiano: «Destano», scrive, «al contrario, più di qualche perplessità le modalità inutilmente afflittive connaturate alla loro “dimensione pubblica”». 


Testimonianze o interpretazioni soggettive?

Nel valutare l’ipotesi prospettata dalle difese di ragioni di risentimento da parte delle ragazze che hanno denunciato i maltrattamenti, la giudice osserva che è fondamentale rilevare come i racconti «presentino numerose corrispondenze con quelli di altre ginnaste, solo alcune delle quali individuate come persone offese, e abbiano trovato significativi elementi di riscontro in molte delle altre deposizioni testimoniali, oltre che nelle conversazioni oggetto di intercettazione e nei contenuti estrapolati dai dispositivi elettronici in sequestro. In considerazione di quanto si è detto, il materiale probatorio raccolto nel corso delle indagini consente di formulare, nei confronti di Emanuela Maccarani, una ragionevole previsione di condanna (requisito per il rinvio a giudizio richiesto dalla recente riforma Cartabia che il provvedimento analizza compiutamente, ndr)».

Maccarani dovrà dunque affrontare il processo, ciò significa che un tribunale sarà chiamato ad accertare che le sue condotte la rendano o meno penalmente responsabile del reato di maltrattamenti, mentre è stata accolta la richiesta di archiviazione per la sua collaboratrice Olga Tishina, perché a suo carico «sono emersi, in sostanza, soltanto commenti poco rispettosi nei confronti delle atlete, a stigmatizzare i loro aumenti di peso. Le carenze linguistiche dell’indagata – non di madrelingua italiana – e, soprattutto, la posizione di subalternità rispetto alla direttrice e le frequenti manifestazioni di vicinanza emotiva nei confronti delle atlete di volta in volta prese di mira non consentono, infatti, di ritenere integrata la fattispecie».

Che cosa succede adesso

  

Maccarani dovrà dunque affrontare il processo, ciò significa che un tribunale sarà chiamato ad accertare che le sue condotte la rendano o meno penalmente responsabile del reato di maltrattamenti, mentre è stata accolta la richiesta di archiviazione per la sua collaboratrice Olga Tishina, perché a suo carico «sono emersi, in sostanza, soltanto commenti poco rispettosi nei confronti delle atlete, a stigmatizzare i loro aumenti di peso. Le carenze linguistiche dell’indagata – non di madrelingua italiana – e, soprattutto, la posizione di subalternità rispetto alla direttrice e le frequenti manifestazioni di vicinanza emotiva nei confronti delle atlete di volta in volta prese di mira» non consentono, infatti, di attribuirle maltrattamenti.


Il Primo controverso processo sportivo

Anche sul fronte disciplinare che compete alla giustizia sportiva il processo che si era concluso nel 2023 con l’ammonizione di Maccarani andrà rifatto per le ragioni che di seguito ricostruiamo.

Nel settembre 2023 la direttrice tecnica era, infatti, stata sanzionata con ammonizione nel processo sportivo a suo carico,  mentre la sua collaboratrice Olga Tishina non aveva subito sanzioni. Il Tribunale sportivo presieduto da Marco Leoni era chiamato a decidere se Maccarani e Tiscina «adottavano metodi formativi e di allenamento non conformi ai doveri di correttezza e professionalità, in particolare esercitando in maniera impropria e ossessiva la gestione del peso delle ginnaste, operando un controllo quotidiano e, a fronte di variazioni di peso di modesta entità, ponendo in essere pressioni psicologiche, in particolare commentando con frasi offensive».

La sanzione era stata lieve, perché  si leggeva nelle motivazioni rese pubbliche il 13 ottobre successivo, pur non essendoci dubbio che siano stati superati «i limiti di correttezza e rispetto imposti dalle norme federali (…) Si ritiene che le espressioni utilizzate – ancorché offensive – non siano state mosse dall’intenzione di arrecare danno, ma al fine di incitare le atlete ed ottenere un maggior impegno negli esercizi».

E non era stata ritenuta raggiunta, invece, la prova che quelle espressioni avessero avuto connessione con l’insorgere di disturbi alimentari nelle atlete.

Il punto più controverso della sentenza sportiva, carica di «omissis» a protezione delle indagini penali all’epoca in corso, riguardava il fatto che, a quanto si evinceva dai contenuti riportati dal giudice sportivo, diverse atlete avrebbero reso dichiarazioni diverse davanti al procuratore sportivo e ai magistrati della Repubblica.

 

RIMOSSO IL PM SPORTIVO, NON ERA INDIPENDENTE

  

Il mistero dell’incongruenza ha trovato parziale spiegazione, quando negli ultimi mesi del 2024 un’inchiesta del Corriere della Sera ha fatto emergere gravi sospetti a proposito dell’indipendenza delle indagini condotte da Michele Rossetti, avvocato a capo della Procura sportiva federale della Federginastica che nel processo sportivo a carico di Maccarani aveva sostenuto l’accusa e aveva spiegato le intemperanze verbali dell’allenatrice con «eccesso di affetto» suscitando critiche sui media e fuori.

Dalle intercettazioni di Carabinieri nell’ambito delle indagini della Procura di Monza che aveva in carico il procedimento penale della giustizia ordinaria sarebbero infatti emersi elementi tali da far sospettare che il procuratore federale riferisse del contenuto delle testimonianze all’allora presidente federale della Federginnastica Gherardo Tecchi (cui dal primo marzo 2025 è succeduto Andrea Facci) e che prediligesse testimoni favorevoli alla direttrice tecnica incolpata.

Nel dicembre 2024 il procuratore generale del CONI, Ugo Taucer ha deciso che il processo sportivo a carico di Maccarani è da rifare, perché potrebbe essere stato inquinato da un atteggiamento poco indipendente della procura che avrebbe scelto testimoni con una visione unilaterale.

Nel febbraio 2024, poi, con con un provvedimento che ha rarissimi precedenti nella storia della giustizia sportiva italiana Michele Rossetti è stato rimosso dall’incarico di procuratore sportivo a capo della Procura federale della federazione ginnastica italiana, su decisione della Commissione Federale di Garanzia, l’organo che tutela l’autonomia e l’indipendenza degli organi di giustizia e quindi della stessa procura federale, composta da Giuseppe Massara Sigillò, Carlo Venditti ed Eraldo Liberati, per «violazione dei doveri di indipendenza e riservatezza e grave negligenza nell’espletamento delle funzioni».





Dal sito Famiglia Cristiana

Visualizzazioni: 3
Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito web usa i cookies per migliorare la vostra esperienza di navigazione. Daremo per scontato che tu sia d'accordo, ma puoi annullare l'iscrizione se lo desideri. Accetto Leggi altro

Privacy & Cookies Policy