Nella notte tra mercoledì e giovedì a Napoli e nelle zone limitrofe è tornata la grande paura del terremoto. La scossa di magnitudo 4.4 con epicentro nel mare di fronte a Pozzuoli ha colpito, senza causare fortunatamente vittime, i Campi Flegrei e ha gettato nel panico la popolazione locale. I danni agli edifici sono stati comunque evidenti e molte persone hanno dovuto passare le ultime notti in strada o comunque lontano dalle loro abitazioni. Lo sciame è poi terminato in circa ventiquattro ore, ma questo nuovo forte episodio sismico -molto simile a quello avvenuto lo scorso 20 maggio- porta a delle riflessioni specifiche sul bradisismo. E soprattutto costringe a delle analisi accurate sul reale livello di pericolo per chi vive nelle zone colpite, a partire da Napoli. Giuseppe De Natale, vulcanologo e Dirigente di Ricerca INGV, prova a fare chiarezza e lancia l’allarme: «Due notti fa è stata sfiorata la tragedia. Non si può più pensare di lasciare la popolazione esposta ad un rischio altissimo».
-Dottor De Natale quale lettura dobbiamo andare all’evento accaduto?
«Premetto innanzitutto che rispondo a titolo personale e per la mia esperienza. Il terremoto è stato di magnitudo 4.4, e insieme a quello del 20 Maggio 2024 di eguale magnitudo, è stato il più forte mai registrato nell’area flegrea. Il più potente quindi almeno dal 1580, anno in cui è terminata la sismicità associata all’eruzione di Monte Nuovo del 1538. Fortunatamente l’altra notte solo una persona è rimasta ferita in maniera non grave. Però ci sono stati danni ingenti. L’accelerazione misurata alle stazioni sismiche più vicine è stata superiore a quella di gravità e questo livello di accelerazione viene raggiunto soltanto dai più forti terremoti appenninici. Ciò che impedisce, in questa zona, vere e proprie catastrofi è il fatto che questi terremoti sono di magnitudo bassa e hanno accelerazioni con frequenze più alte. In ogni caso questi terremoti sono molto superficiali e vicinissimi agli edifici. Pertanto sono estremamente pericolosi».
-Napoli e le zone limitrofe sono in reale pericolo o è bene rassicurare le persone?
«Come detto la pericolosità estrema di questi terremoti deriva unicamente dal fatto che sono estremamente superficiali ed inoltre praticamente continui. La loro superficialità implica però che possono produrre, come si è visto, accelerazioni estreme soltanto a bassissima distanza. Diciamo non più di 1-2 km. Quindi, sebbene nella parte di Napoli al di fuori della caldera i terremoti si sentano comunque molto e generano paura è estremamente improbabile che possano produrre danni gravi».
-Quali misure concrete possono essere prese per ridurre i rischi per la popolazione della zona?
«L’unica misura da prendere è accertarsi che gli edifici abitati possano resistere a terremoti come questi e anche molto più forti di questi. Sappiamo infatti che in quest’area possono avvenire terremoti fino a magnitudo 5. Vale a dire almeno dieci volte più forti di quello avvenuto due notti fa, in termini di energia. Se non si riesce a fare rapidamente verifiche a tappeto degli edifici almeno nella zona a massimo rischio, l’unica alternativa è quella di evacuare preventivamente, almeno finché non si completano le necessarie verifiche. Questi terremoti continui hanno una sismicità crescente che potrebbe durare anche per anni o decenni».
-Cosa possiamo aspettarci nei prossimi giorni?
«Quello che possiamo purtroppo aspettarci, in una situazione di continuo sollevamento del suolo, è un ulteriore aumento della sismicità. Peraltro dal 15 Febbraio scorso si registra una velocità di sollevamento triplicata rispetto ai mesi precedenti. La sismicità dipende infatti da due fattori. Uno è il livello di pressione interno al sistema, che causa il sollevamento del suolo e spacca le rocce, producendo quindi anche i terremoti. E poi c’è la velocità di aumento di sforzo, che si registra anche come velocità di sollevamento del suolo. Poiché ora il sollevamento continua con una velocità molto più alta rispetto ai mesi passati, ci sono entrambi gli ingredienti per generare sismicità anche maggiore di questa. Comunque non possiamo sapere quando precisamente avverranno i terremoti, con quale magnitudo e soprattutto se nel breve-medio periodo la velocità di sollevamento cambierà significativamente o addirittura si azzererà. E in quest’ultimo caso la sismicità terminerebbe».
-Immaginiamo lo scenario peggiore possibile: quello di un’eruzione. Il fenomeno può essere previsto in anticipo?
«In quest’area -dove ci sono state due evacuazioni per una possibile eruzione imminente: nel 1970 e nel 1984, senza che nulla sia poi avvenuto- un’eruzione non può essere prevista con certezza. Questo è ormai un assunto molto chiaro della ricerca vulcanologica recente, ed anche il mio gruppo di ricerca ha fatto pubblicazioni specifiche su questo tema suggerendo le misure più efficaci per mitigare il rischio da eruzione».
-Tra i Campi Flegrei e il Vesuvio ci sono collegamenti concreti?
«No, non c’è alcun collegamento, per quanto a nostra conoscenza ed anche dalle osservazioni dell’attività vulcanica dei due sistemi fatte sia in epoca storica che dalla ricostruzione delle eruzioni più antiche e recenti, tra le due aree vulcaniche».