Per chi è affetto da una patologia non comune la vita è spesso una sfida. Michele, che convive con un’alterazione del funzionamento dei mitocondri, racconta come affronta la sua quotidianità e come va incontro al futuro. Lo abbiamo intervistato nella sede di Mitocon, organizzazione di cui è volontario e che sostiene la ricerca su queste mutazioni genetiche
Eugenio Murrali – Città del Vaticano
Michele Santantonio è una persona che non si arrende. Oggi ha 25 anni e quando non ne aveva neppure sei la nonna si è accorta che qualcosa non funzionava: “Ha notato che il mio occhio sinistro andava dove gli pareva, non stava dritto come il destro”. Piero e Alessandra, i suoi genitori, si sono subito attivati, ma arrivare a una diagnosi, quando parliamo di malattie rare, è il primo ostacolo. Qualche tentativo a vuoto, poi l’approdo all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Qui un medico ha capito che il problema del suo piccolo paziente era una disfunzione dell’attività dei mitocondri: “Sono stato in cura lì fino al 2021, quindi al Policlinico Agostino Gemelli, dove mi seguono tuttora”. L’ipovisione, alcune diffoltà al braccio sinistro, talvolta la perdita dell’equilibrio sono sintomi con cui convive. Per richiamare l’attenzione sulla sua situazione e su quelle delle altre persone affette da malattie rare è nata, nel 2008, la Giornata mondiale, che si celebra in un giorno raro, proprio come alcune patologie: il 29 febbraio, ma in anni non bisestili come questo ricorre il 28.
Ogni giorno una piccola prova
La prima cosa che viene in mente a Michele, quando parla dei limiti che gli impone la malattia, è l’impossibilità di prendere la patente: “Non posso avere la libertà di movimento, perché me lo impedisce la patologia che non dico mi opprima, perché non mi trovo in carcere, però se non l’avessi potrei fare come gli altri ragazzi, guidare una macchina”. Una rinuncia che pesa, nonostante molti amici disposti ad aiutarlo con un passaggio. Al secondo posto nei pensieri di Michele troviamo i libri: “Essendo un assiduo lettore, devo vedere come sono scritti. Se sono scritti con caratteri grandi posso leggerli”. Nella sua quotidianità affronta anche piccoli ma importanti problemi pratici: allacciare le scarpe, chiudere la giacca, mettere una sciarpa quando fa freddo. Tutto questo non gli ha impedito di frequentare un prestigioso liceo classico romano, di prendere una laurea triennale in scienze politiche alla Sapienza: “Ho avuto l’insegnante di sostegno per cinque anni e all’università i tutor mi hanno aiutato”. Li definisce “anni belli” nei suoi ricordi, anni pieni di amici, che in parte ancora incontra.
Un futuro da politico e resistente
Anche se si apre a fatica, il cassetto di Michele contiene dei sogni. Oggi è impegnato come volontario di Mitocon, un’organizzazione fondata dai suoi genitori e da altre famiglie per sostenere la ricerca sulle malattie mitocondriali. Qui si dedica a diverse attività. Si occupa della rassegna stampa di articoli scientifici, e non solo, sul mondo della sanità, concentrandosi, in particolare, sugli studi delle patologie rare. Si dedica anche alle raccolte fondi di Natale e di Pasqua. Partecipa a molte iniziative, come il MitoCampus, che permette ai pazienti mitocondriali e alle loro famiglie di conoscersi, confrontarsi e ricaricarsi. Spesso Michele prende parte come testimone ai convegni nazionali che riguardano la sua patologia. Durante la Settimana mondiale di sensibilizzazione sulle malattie mitocondriali, è stato protagonista del Lightup for Mito e ha connesso la spina per illuminare di verde il Colosseo. Sul futuro le idee di Michele sono nette: “Il mio sogno sarebbe diventare parlamentare, perché da nove anni seguo la politica da vicino. Oppure lavorare all’istituto di ricerche sul fascismo e la resistenza, chiamato IRSIFAR”.
Una rete di famiglie
Piero Santantonio, oltre a essere il papà di Michele, è stato il primo presidente e fondatore di Mitocon. Nell’intervista rilasciata a Vatican News spiega che, quando in una casa si scopre una malattia mitoncodriale, “si rimane storditi”. Il dialogo con i medici e con le altre famiglie permette a poco a poco di fronteggiare le conseguenze pratiche ed emotive della patologia: “Il ruolo delle famiglie è essenziale. Sono la prima barriera che si crea contro la malattia, supportando tutte le attività dei pazienti e le terapie, quelle poche che ci sono. Spesso i genitori diventano caregiver a tempo pieno per assicurare una vita dignitosa e con il massimo della qualità a questi pazienti”. Si stima che in Italia ci siano circa 15mila persone affette dalle diverse malattie mitocondriali. La ricerca di una cura non si ferma: “Si sono fatti grandissimi passi avanti – afferma Piero Santantonio – perché quando Mitocon è stata fondata, ormai una ventina di anni fa, i nostri convegni erano tutti concentrati sulla difficoltà di diagnosi, negli ultimi anni buona parte degli interventi parla di terapie”. La famiglia resta il perno per questi pazienti. E il loro vissuto si può rispecchiare nelle parole di Papa Francesco nel messaggio per la Giornata mondiale del malato del 2022: “Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia”.