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Bartolo Longo sarà santo: dall’oscurità alla luce del Rosario

Sarà Santo Bartolo Longo, legato indissolubilmente alla Madonna di Pompei. Vissuto tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, pugliese di Latiano, è considerato universalmente un apostolo del Rosario.

«Risveglia la tua fiducia nella Santissima Vergine del Rosario… Devi avere la fede di Giobbe!». Così scriveva Bartolo Longo nel 1905, testimoniando una devozione totale alla Madonna, che lo aveva strappato dall’abisso dell’occultismo e guidato sulla via della fede. Un percorso straordinario, il suo, che lo condusse dalla perdizione alla santità, fino a diventare il fondatore del Santuario di Pompei, una delle opere mariane più imponenti del mondo cattolico.

Nato nel 1841 a Latiano, in provincia di Brindisi, crebbe in una famiglia benestante, educato dalla madre a una profonda devozione mariana. Ma la sua vita prese una strada pericolosa durante gli studi universitari a Napoli, dove fu sedotto dal clima anticlericale e dalle mode dello spiritismo. Abbandonò la fede e si immerse in un mondo oscuro, fino a diventare “sacerdote dello spiritismo” in una setta esoterica. La sua coscienza, però, non smise mai di tormentarlo.

La svolta arrivò grazie all’amicizia con Vincenzo Pepe, un professore latianese, che lo spinse a incontrare padre Alberto Radente, un domenicano che lo riportò alla verità del Vangelo. L’incontro con il religioso fu decisivo: dopo mesi di catechesi, il 23 giugno 1865, Longo riprese a confessarsi e ricevette l’eucarestia a segno del suo ritorno alla Chiesa.

Iniziò la sua nuova vita a Napoli, dove entrò nel Terz’Ordine Domenicano e prese il nome di fra Rosario. Qui conobbe la contessa Marianna De Fusco, vedova e madre di cinque figli, che gli affidò la gestione delle sue proprietà nella Valle di Pompei. Quel viaggio nelle campagne abbandonate segnò l’inizio della sua missione.

Pompei, all’epoca, era un luogo di degrado materiale e morale. I contadini vivevano nell’ignoranza religiosa, dominati da superstizioni e povertà. Bartolo si sentì chiamato a una grande opera di evangelizzazione. Fu allora che, passeggiando tra i campi, udì nel cuore una voce interiore: «Se cerchi salvezza, propaga il Rosario!».

Da quel momento, dedicò ogni energia alla costruzione di una comunità cristiana fondata sulla preghiera e sulla carità. Nel 1875, riuscì a procurarsi un’antica tela della Madonna del Rosario, trovata in pessime condizioni in un convento napoletano. Trasportata a Pompei su un carro di letame, quella sacra immagine divenne il cuore del futuro santuario.

L’opera crebbe rapidamente: nel 1876 fu posata la prima pietra della chiesa, mentre la Supplica alla Madonna di Pompei, composta dallo stesso Longo, diffuse la devozione al Rosario in tutto il mondo. Intorno al santuario sorse una vera e propria città della carità, con scuole, orfanotrofi e ospizi per i figli dei carcerati, una delle intuizioni più profetiche del beato.

 

Non mancarono prove e persecuzioni. Poi fioccarono veleni e pettegolezzi sul suo rapporto con la contessa de Fusco, sua alleata nell’opera benefica pompeiana. A colloquio con il papa Leone XIII entrambi accolsero il suggerimento del pontefice di sposarsi e vivere castamente mettendo così a tacere le maldicenze.

Fu accusato ingiustamente di arricchirsi con le offerte dei fedeli e dovette cedere la gestione dell’opera alla Santa Sede. Ma la sua fede non vacillò mai. Continuò a servire i poveri fino alla morte, avvenuta nel 1926.

Nel 1980, Giovanni Paolo II lo proclamò beato, indicandolo come modello di laico cristiano al servizio della Chiesa. Oggi, il Santuario di Pompei continua a essere un faro di speranza per milioni di fedeli, testimonianza della straordinaria missione di Bartolo Longo, l’uomo che trovò la salvezza grazie al Rosario, che compose il testo della supplica oggi conosciutae recitata in tutto il mondo.

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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