Sono stanca della lotta che coi miei figli stiamo combattendo contro quel fumatore di mio marito: più di un pacchetto al giorno e la sigaretta elettronica.
Fuma sul balcone o in giardino, ma ogni volta qualcuno reclama per la puzza che viene dai suoi vestiti. Anche a me dà fastidio, ma le due figlie sono implacabili, specie la grande di 18 anni.
Sopporta per un po’ e poi esplode in modo esagerato. Io la richiamo, ma poi spiego a mio marito che è perché ci teniamo alla sua salute.
Lui risponde in modo evasivo o si innervosisce e scoppia il litigio. Io cerco di parlargli in modo pacato e razionale, ma lui si irrigidisce e si mette sulla difensiva.
ADELE
Risposta di Fabrizio Fantoni
– Cara Adele,
se pensate di convincere un fumatore accanito ad abbandonare le sigarette con motivazioni razionali, avete perso in partenza. Allo stesso modo, una battaglia strenua e irosa è inefficace. Il fumo, come ogni dipendenza, ha profonde radici emotive e organiche. È su quel piano che bisogna portarsi per avviare uno scambio, avvicinandosi alle motivazioni che spingono a fumare: piacere sensoriale, effetto stimolante, rilassamento e riduzione dello stress. Sono effetti piacevoli a cui non si rinuncia facilmente e che generano una dipendenza fisica e psicologica dalla sigaretta.
Decidere di smettere non è affatto facile e richiede una forte spinta emotiva. Sarebbe meglio cercare un accordo per la riduzione del danno, cominciando a parlarsi davvero e ascoltando le ragioni di entrambe le parti, evitando così guerre ideologiche che non fanno altro che innalzare muri contrapposti. Cercare soluzioni condivise, stabilendo spazi e tempi precisi in cui sia consentito fumare, potrebbe aiutare. Inoltre, va riconosciuto che ogni tentativo di ridurre il fumo può generare ansia e irritabilità, che andranno affrontate insieme in famiglia. Non escludete, infine, la possibilità di chiedere supporto ai Centri Antifumo presenti in ogni Regione, promossi dal Servizio Sanitario Nazionale e dalla Lega per la lotta ai tumori.